Pirati vs. Marines: chi vince?

L’avventura

Qualche settimana fa ho avuto la possibilità di partecipare alla European Big Data Conference 2019, che si è svolta ad Helsinki. A parte il fatto che essendo la mia prima volta in Finlandia non ero assolutamente pronta ad affrontare una temperatura così rigida a metà ottobre (non gennaio, ottobre!), l’evento nel suo complesso si è rivelato un’ottima occasione per lo scambio di idee, impressioni – e sì, anche di biglietti da visita 😉 – con professionisti del settore provenienti da tutta Europa.

Uno dei temi più in voga alla conferenza era l’Open Innovation – in effetti, il programma dell’evento prevedeva una serie di incontri, workshop e tavole rotonde inerenti a questo tema caldo e ci è sembrata pertanto un’ottima opportunità per essere presenti con Tapoi, il nostro servizio innovativo di Customer Intelligence. Infatti quello era il piano: esporre Tapoi alla conferenza. O per lo meno questa era la mia convinzione fino ad un paio di giorni prima della partenza. Volete sapere perché?

Inaspettatamente, Daniele (il nostro CEO) viene invitato ad un’interessante tavola rotonda, non tanto per assistervi, ma in qualità di speaker. Argomento? La relazione tra start-up e grandi aziende. Andare ad Helsinki non era certo tra i suoi programmi, soprattutto con così poco preavviso, ma il mio viaggio era già organizzato, l’invito non era frutto di un errore… e quindi potete immaginare l’epilogo! L’uscita geniale di Daniele, che ricordo molto bene ancora oggi, fu: “No problem, Elisa, prenderai parte alla tavola rotonda al mio posto!“. Facile come bere un bicchier d’acqua!

Ricordate il freddo polare che menzionavo prima? Bene, quel freddo amaro finlandese di metà ottobre che ebbi la “fortuna” di sperimentare, non era nulla a confronto con il gelo che sentii correre lungo la schiena quando Daniele ebbe questa fantastica idea. In ogni caso, siccome le sfide sono cool e uno dei nostri mantra recita “se lo dice il capo, allora posso farlo“, Daniele ed io cominciammo a raccogliere idee per capire cosa presentare alla tavola rotonda.

L’epifania

Il segreto per “fare centro” in una simile occasione, conferenza o tavola rotonda che sia, ha sicuramente a che fare con la presentazione di un contenuto “scioccante”, che il pubblico non si sarebbe mai e poi mai aspettato. E ovviamente, quella fu la strategia che decidemmo di adottare. Ad un certo punto, dopo esserci spremuti per bene le meningi, fece capolino un’idea: una metafora alquanto interessante e strampalata, ma che descriveva in maniera molto efficace l’eterna dicotomia tra start-up e corporate. Pirati vs. marina militare.

Come vi sembra? 

Reality-check: una relazione complicata

Fino a poco tempo fa, l’unica occasione in cui si sentiva parlare dell’accostamento tra grandi aziende e start-up, era quando le prime si accingevano ad acquisire le seconde. Stando alla nostra metafora, ciò verrebbe a rappresentare la conquista del vascello pirata da parte della marina militare. Oggi, nonostante le acquisizioni dirette siano ancora diffuse e gli investimenti in equity da parte di grandi gruppi siano all’ordine del giorno, sempre più aziende sono alla ricerca di qualcosa di diverso.

I tempi in cui le start-up potevano giocare nella loro sabbiera, mentre le aziende rimanevano ermeticamente sigillate all’interno dei loro edifici, sono finiti. Infatti, imprenditori e dirigenti aziendali lavorano insieme più di quanto si creda, con l’obiettivo di creare partnership di valore che da un lato possano portare benefici di natura finanziaria alle start-up e dall’altro possano aiutare le aziende ad essere innovative. Open Innovation significa esattamente questo.

Tutto molto bello, in linea di principio.

Quando parliamo di casi reali di collaborazione tra start-up e aziende, mi piacerebbe molto raccontarvi una bella favola, con un finale da sogno come quelli delle più grandi storie d’amore. Ma (non) sarete sorpresi di sapere che, in base alla nostra esperienza, quello scenario nella realtà non ne è purtroppo il classico esempio. Anzi, oltre ad essere abbastanza diverso, è pure parecchio distante! Insomma, questa è la nostra visione, che ho impacchettato nella mia valigia, ho portato con me ad Helsinki e ho condiviso con molte persone, colleghi startuppari e professionisti dell’universo aziendale.

Prima di condividere con voi alcune delle situazioni “NOT OK” che abbiamo sperimentato con le aziende, voglio spiegarvi il perché ci identifichiamo come start-up. Chiaramente, U-Hopper non può più essere definita tale – ma in realtà siamo organizzati proprio come una start-up. Abbiamo fatto nostra la cultura open innovation e adottato diversi strumenti di business innovation che utilizziamo nel nostro lavoro quotidiano. Inoltre (aspetto più rilevante in questa sede), agiamo come incubatore di tecnologie internamente sviluppate, che dimostrano un potenziale di mercato alquanto promettente, come nel caso di Tapoi – a proposito, date un occhio alla nuova demo che abbiamo appena rilasciato! Pertanto, siamo continuamente in contatto con il mondo dell’innovazione imprenditoriale e tecnologica. In questo scenario, cosa rappresentano le aziende per noi? Da un lato sono clienti, dall’altro fungono da partner per il raggiungimento del mercato.

Tutti voi saprete quanto dura e impegnativa possa diventare la vita da imprenditore, ma credetemi: certe difficoltà possono davvero essere evitate. Ne volete qualche esempio? Quando fummo costretti ad aspettare i 9 mesi più lunghi della nostra vita – e non parliamo di dolce attesa! – per ottenere il semaforo verde da parte del legal department di un’azienda cliente. Oppure quando ci servirono 8 (otto!) incontri face-to-face per finalmente negoziare un piccolissimo contratto con l’effettivo decision maker di un grande gruppo industriale. O ancora, quando ci venne detto che “Scusate, non potete essere inseriti nell’elenco dei nostri fornitori perché non raggiungete il limite minimo di €10 milioni di fatturato“. E persino quando ci chiesero di presentare la certificazione ISO 27001 per avviare un progetto pilota del valore di €10.000.

Ora che vi siete fatti un’idea di come ci si sente, è tempo di riprendere la nostra metafora. I pirati siamo noi – l’universo delle start-up. Siamo appassionati, siamo dinamici, abbiamo bisogno di essere il più liberi possibile da limiti e vincoli per favorire e sostenere la nostra cultura innovativa e per sviluppare il nostro business. Ci piace il confronto con il mercato e siamo anche pronti a sentirci dire “No, non state facendo le cose nella maniera corretta” (perlomeno è una risposta!). La marina militare rappresenta il mondo delle grandi aziende. Disciplina, organizzazione strutturata, impregnata di regole e procedure.

In fondo in fondo, non è farina del nostro sacco! 

Ci tengo a precisare che non sto assolutamente dicendo che essere pirati sia meglio che essere marines o viceversa. Sto semplicemente dicendo che stare da una parte o dall’altra è molto diverso e rende la vita difficile alle aziende che vogliono lavorare con le start-up e alle start-up che vogliono lavorare con le aziende.

Già nel 2011, Eric Ries pubblicò il volume The Lean Start-Up introducendo un approccio metodologico per lo sviluppo di imprese innovative e basato su cicli di sviluppo e validazione rapidi e “a basso rischio”. Il libro, che riscosse parecchio successo, è frutto di una profonda ricerca sulla relazione tra start-up e corporate e che non lascia dubbi: c’è bisogno di entrambe! Da un parte, le grandi aziende hanno la capacità di scalare un prodotto innovativo sul mercato in tempi brevi, dall’altra le start-up sono fondamentali per continuare ad innovare. E quindi? Meglio un uovo oggi che una gallina domani? Lascio la risposta a voi. 

Io credo che ci sia ancora speranza. È chiaramente una questione di compromessi verso una situazione win-win, dalla quale entrambe le parti possono uscire vincitrici. Perché alla fine start-up e aziende vogliono le stesse cose: crescita, ricavi ed vantaggio competitivo. E anche se non sembrerà mai una favola (ma più probabilmente una battaglia di cuscini tra fratelli), fa parte del gioco.

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