L’innovazione ci salverà: ecco i fondi alle PMI per gli investimenti in ricerca e sviluppo
Sembra strano in un periodo di estrema incertezza economica parlare di investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle aziende private. Sembra strano perché quando ci si rende conto che il sistema sociale, economico e commerciale, che fino a ieri ci appariva scontato, sta crollando sotto i colpi di un microscopico virus, la tendenza è quella di andare in modalità “protezione”, di tralasciare tutto quello che appare superfluo, di non investire più.
Tuttavia, proprio l’emergenza sanitaria ha fatto emergere quanto una strategia imprenditoriale statica e basata su modelli tradizionali non risulti, alla fine dei conti, vincente.
In questo periodo abbiamo potuto assistere a diverse reazioni imprenditoriali al lockdown: c’è chi ha preferito interrompere temporaneamente l’attività nella legittima speranza che la crisi passasse in fretta e chi, invece, dopo un primo momento, si è organizzato in modo alternativo per garantire parziale continuità al proprio business. Si tratta di due strategie totalmente opposte; mentre i primi hanno cercato di ridurre i costi, i secondi hanno investito nella riorganizzazione della propria impresa, nonostante l’incertezza assoluta circa la durata della fase emergenziale. L’esito è ora chiaro: i primi hanno presto visto scemare le proprie speranze e sono ora costretti ad “inseguire” i secondi con ben due mesi di ritardo e risorse economiche ridotte all’osso. I secondi, al contrario, non solo hanno guadagnato un vantaggio competitivo sulla concorrenza, ma hanno anche diversificato il proprio business e sviluppato nuovi modi di lavorare.
Ma attenzione, c’è anche una terza categoria: quella degli imprenditori che già avevano investito nell’innovazione tecnologica. Si pensi a chi già aveva garantito ai propri dipendenti la possibilità di lavorare in smart working, a chi da tempo aveva organizzato i propri uffici secondo modalità paperless, ai ristoranti che già si appoggiavano ad App e strumenti per il delivery, ai negozi dotati anche di online store. Questa categoria, senza dubbio, è quella che più facilmente è riuscita a resistere al lockdown, ma non solo! Tale categoria avrà anche dei vantaggi competitivi nella fase 2. Si pensi, ad esempio, a chi ha investito in strumentazioni che permettono il controllo da remoto dei macchinari, oppure a coloro che si sono dotati di strumenti IoT per la sicurezza. Si tratta di innovazioni tecnologiche che non sono state introdotte e pensate per fronteggiare una pandemia (nessuno è un veggente!), ma che contribuiscono all’evoluzione trasversale dei processi aziendali e rendono tali imprese flessibili, duttili e, complessivamente, più pronte di altre ad affrontare anche eventi di portata macroscopica.
Il Covid19, quindi, non in quanto pandemia in sé, ma come esempio di evento che causa un repentino mutamento delle condizioni del mercato, dovrebbe aver insegnato al tessuto imprenditoriale italiano che investire nell’innovazione tecnologica è una necessità urgente e costante che non può essere rinviata a quando vi sarà sovrabbondanza di tempo e risorse.
“Sarebbe bello ma…” prima di pronunciare queste parole e sancire a priori che un investimento di tale tipologia non è sostenibile, occorre essere consapevoli che da tempo il legislatore italiano, riconoscendo l’utilità collettiva degli investimenti privati in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, ha predisposto un quadro di contributi e incentivi fiscali volti a favorirli.
Uno degli incentivi più interessanti è rivolto alle imprese di piccole e medie dimensioni. La manovra 2019 ha, infatti, introdotto i voucher per consulenza in innovazione. Grazie a questo strumento le aziende possono avvalersi di un innovation manager che potrà organizzare e direzionare la fase di innovazione tecnologica permettendo di trarne il maggior profitto. Il voucher consiste in un contributo pari al 50% dei costi sostenuti fino ad un massimo di 40.000,00 € per le micro e piccole imprese, e pari al 30% per le imprese di medie dimensioni.
L’utilità dell’innovation manager è evidente. L’entità dei benefici (diretti ed indiretti) correlati agli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica è direttamente proporzionale al modo in cui tale investimento viene effettuato. A tale riguardo, esistono dei metodi collaudati per fare in modo di massimizzare l’efficacia degli investimenti in ricerca e sviluppo ed affidarsi a chi conosce tali metodologie è essenziale. Inoltre, l’innovation manager può affiancarsi all’imprenditore nell’individuazione di forme di finanziamento a fondo perduto e guidarlo nell’accesso alle stesse grazie all’esperienza maturata nel settore. Si tratta, senza alcun dubbio, di una possibilità da sfruttare quanto prima, ancor di più se si pensa che il voucher è cumulabile al credito d’imposta per attività di R&S con un ulteriore abbattimento della relativa spesa.
A proposito di credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, la legge di bilancio 2020 ne ha modificato la disciplina non solo estendendo l’ambito oggettivo di applicazione, ma anche sostituendo il metodo di calcolo incrementale con quello volumetrico. Questo significa che le aziende che decideranno di investire nella ricerca e sviluppo potranno utilizzare in compensazione il 12% dell’intero costo sostenuto. Potranno essere calcolati come costi ai fini del credito d’imposta sia le spese per il personale dipendente, sia le attività di R&S delegate a soggetti terzi (extra muros), sia eventuali contratti di consulenza. In più, la nuova disciplina prevede un credito d’imposta dal 6% al 10% per attività di innovazione tecnologica, intendendo come tali tutte le attività volte alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati.
Se i voucher e il credito d’imposta sono strumenti volti ad abbattere i costi delle attività di ricerca e sviluppo, occorre anche considerare che i redditi derivanti da beni immateriali eventualmente sviluppati nell’ambito degli investimenti in R&S possono essere sottoposti ad un regime fiscale agevolato. Dal 2019, infatti, è stato notevolmente semplificato l’accesso al Patent Box che prevede la possibilità di escludere dalla base imponibile il 50% di tali redditi.
Se quanto sopra appare ancora un po’ astratto, proviamo a fare un esempio. Il signor Mario Rossi, titolare di un’impresa di piccole dimensioni, intende migliorare il proprio processo di produzione attraverso tecnologie innovative che rendano la sua azienda più competitiva sul mercato. Per fare ciò ritiene opportuno avvalersi di uno specialista del settore che lo aiuti ad indirizzare al meglio il proprio investimento in modo da ottenere il maggior beneficio possibile. Il nostro signor Rossi, quindi, individua un innovation manager iscritto all’apposito elenco e, con l’aiuto dello stesso, predispone il progetto, chiede ed ottiene un voucher per la consulenza in innovazione. I costi dell’onorario del professionista saranno per il 50% coperti da voucher e per un’altra percentuale (a seconda della tipologia di intervento) abbattuti grazie al credito d’imposta. All’innovation manager, in signor Rossi affianca del personale interno, abbattendo in parte i costi di tale personale sempre tramite il credito d’imposta.
Nell’ambito della consulenza si intende sviluppare un software basato su algoritmi di machine learning che riduca le inefficienze della produzione e il consumo di energia, permettendo, al contempo, il controllo da remoto.
Ebbene, una volta sviluppato tale software, il nostro signor Rossi non solo avrà uno strumento che gli permetterà di ottimizzare il processo di produzione, ma, essendo anche titolare del relativo copyright, potrà anche beneficiare del regime fiscale agevolato previsto dal Patent Box per i redditi derivanti dall’utilizzo di tale strumento, nonché per eventuali redditi derivanti dalla cessione del copyright. Mario è, quindi, riuscito non solo a dotare la propria azienda di un innovativo strumento informatico, ma lo ha fatto abbattendo i costi delle consulenze e del personale interno dedicato, riuscendo altresì ad avvantaggiarsi, per il futuro, di un regime fiscale vantaggioso.
Chi è nel settore sa che il quadro normativo sopra descritto è in continuo mutamento e che le risorse dedicate ai voucher sono limitate (previste per ora solo fino al 2021). Non è quindi per nulla scontato che chi non accede ora a tali incentivi, possa avvalersene in futuro. Questo significa che il medesimo investimento potrebbe costare ad un ritardatario signor Rossi molto di più e che quindi, vale, oggi più che mai, il detto “chi ha tempo non aspetti tempo”!
Attenzione!! La procedura informatica per la presentazione delle richieste di erogazione del voucher sarà disponibile qui a partire dal 18 maggio 2020 e lo sportello rimarrà aperto a seconda del numero delle richieste di accesso. Per accedere occorre non solo aver individuato un innovation manager ma anche la tipologia di progetto che si intende proporre. Se dopo aver letto questo articolo credete, come crediamo noi, che per trovarsi pronti ad affrontare il mondo post Covid19 la chiave sia l’innovazione tecnologica, contattateci!
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